Figure che scompaiono - Adi Reggio Calabria

ADI - ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA
Chiese Cristiane Evangeliche
Reggio Calabria
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Figure che scompaiono
Le biografie di fratelli e sorelle che hanno servito il Signore per lo sviluppo dell'Evangelo


PAOLA TEDESCO
(1920-1999)

Paola Tedesco era nata il 1° aprile 1920 a Ferruzzano, provincia di Reggio Calabria, un piccolo centro agricolo quasi totalmente distrutto il 28 dicembre 1908 dal terremoto di Messina e della Calabria Ionica. La sua era una famiglia semplice e particolarmente religiosa. Paola, la seconda di tre sorelle, era una fervente seguace ed animatrice delle iniziative religiose del suo comune di residenza, ma, in seguito alla perdita, nel secondo conflitto mondiale, del proprio consorte che l’aveva lasciata con un figlioletto in tenera età, colpita da quell’inattesa tragedia familiare si convertì all’Evangelo, cercando consolazione e forza nel Signore. Poco dopo, per mezzo di lei si convertirono anche i suoi genitori e una delle sue sorelle. Dopo aver testimoniato della sua nuova fede col battesimo in acqua ed aver fatto l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo, mise tutto il suo zelo cristiano nell’opera spirituale di fervente testimonianza personale.
A Ferruzzano, un piccolo comune di poco più di mille abitanti, la Parola dell’Evangelo era giunta “tra la fine del 1920 e il principio del 1921”1 quando alcuni agricoltori, che lavoravano nelle campagne di Badia, una frazione di Bianco, sulla costa ionica, ricevettero “la testimonianza che aprì una porta all’evangelizzazione di questo paese”2.
Ben presto si costituì una numerosa comunità pentecostale che, nonostante vicissitudini di vario genere, rimase salda nella fede e sopravvisse alla dura persecuzione degli anni 1935-1944.
Tornata la libertà, la comunità vide un ulteriore sviluppo, poi però, negli anni ’50, venne decimata da una massiccia emigrazione in Australia, dove si sono costituite comunità pentecostali italiane ancora oggi fiorenti.

Il Risveglio degli anni ’50
Fu in questo clima di risveglio che chi scrive, inviato giovanissimo, precisamente nell’inverno del 1950, ad iniziare il proprio ministerio cristiano in Calabria, ebbe l’occasione di incontrare a Ferruzzano, Paola Tedesco, molto attiva e fervente nell’opera di testimonianza nella comunità locale. Durante alcuni culti speciali di evangelizzazione, si convertirono al Signore molti giovani tra cui l’altra sua sorella, una ragazza madre, abbandonata dalla famiglia. Già allora Paola dimostrava la sua chiamata al servizio diaconale e quella giovane sorella col figlioletto, già emarginata, e anche affetta da una gravissima malattia cardiaca, fu subito accolta nella sua povera abitazione, dove Paola continuò a prendersi cura di lei fino alla morte avvenuta qualche anno dopo. L’orfano rimase quindi con la zia fino alla maggiore età e purtroppo contrasse una malattia fatale che poco dopo lo spinse ad una morte tragica. L’esistenza di Paola non era certamente facile ma ella non venne mai meno, forte di quell’ottimismo della fede che la spingeva a continuare il proprio servizio cristiano.

L’Evangelo nell’Aspromonte
In questo stesso periodo l’Evangelo aveva raggiunto Africo, un Comune di circa mille abitanti in estrema povertà e con un alto tasso di malavita, situato nella zona collinare dell’Aspromonte a 670 m. d’altezza, collegato con mulattiere di circa dodici chilometri alla più vicina strada.
Paola fu tra le prime a raggiungere a piedi questo villaggio per svolgere una vasta opera di evangelizzazione e di aiuto sociale. Si formò ben presto una comunità di oltre cento credenti ma, nel 1952, una grande alluvione distrusse tutto e rese inabitabile questo povero centro montano. Tutta la popolazione fu evacuata e ospitata in edifici pubblici della costa tirrenica, gli evangelici furono divisi in due gruppi, una parte fu ospitata nella Scuola Agraria di Palmi, l’altra in un centro alla periferia di Reggio Calabria.

La Pentecoste a Reggio Calabria
Paola Tedesco non soltanto si preoccupò dei primi aiuti a questi due gruppi, ma in particolare cominciò ad avere riunioni informali e contatti con alcuni evangelici di Reggio che accettarono il messaggio pentecostale. Ben presto si formò una comunità, costituita anche da un certo numero di credenti di Africo che presero la residenza in città. Inizialmente questa nuova chiesa fu curata dal pastore Carmine Monetti e Paola, per poter meglio collaborare nell’opera di evangelizzazione, si trasferì anch’essa a Reggio.
Qualche anno dopo la popolazione alluvionata di Africo fu trasferita nella zona litoranea ionica, tra Ferruzzano e Bianco e fu costituito il Comune di Africo Nuovo, dove è stato anche costruito un bellissimo locale di culto evangelico per l’ancora oggi numerosa comunità.

La continua opera diaconale
Da allora l’attività di Paola fu senza soste, con un’opera di evangelizzazione personale “a tappeto”in vari centri della costa ionica. Il risultato fu la costituzione di piccole ma zelanti comunità. Ella prima di tutto riorganizzò la comunità di Bruzzano Zeffirio, sorta nel 1919 per opera di Giacomo Lombardi, poi Brancaleone, Melito Porto Salvo, e infine Pellaro. Condusse fedelmente quest’opera nonostante non le mancassero mai gravi difficoltà familiari di vario genere, che risolse sempre con grande saggezza spirituale. Colpita ripetutamente da malattie incurabili, fu sempre guarita miracolosamente dal Signore che le diede la possibilità di continuare il suo ministerio fino alla fine.
È stata una donna non soltanto forte e coraggiosa, ma animata da una fede indomita. Non si è fermata dinanzi ad alcuna difficoltà. Ormai avanti negli anni e con una salute malferma, continuò fino alla fine ad espletare gli impegni derivanti dalla cura spirituale dei vari gruppi, collaborando con i fratelli che presiedevano le comunità, molti dei quali convertitisi per la sua testimonianza.
Colpita da una gravissima infermità al fegato, ha resistito con coraggio fino alla fine, quando il 18 maggio 1999 il Signore l’ha richiamata a “Casa”.
Era forse, con le dovute differenze di tempo e di circostanze, molto simile alle “diaconesse” pentecostali dell’inizio del Movimento che intendevano svolgere una vasta attività: dall’evangelizzazione personale all’assistenza pratica e alla guida spirituale dei nuovi credenti.
Con lei scompare una cristiana dedicata al Signore e all’opera Sua che, nonostante le molte traversie della sua vita, ha svolto nell’arco di quasi cinquant’anni un umile ma validissimo ministerio diaconale, inteso nella sua accezione biblica, con il pregio raro di uno spirito di collaborazione e di umile rispetto per i fratelli responsabili del Movimento.
Il suo grande amore per Gesù il suo Salvatore, la sua grande capacità nella testimonianza personale, l’amabile cura che aveva per le anime, la fede che la spingeva a pregare, la fecero essere testimone di guarigioni nel nome del Signore e di battesimi nello Spirito Santo. Queste preziose qualità, unite alla sua grande generosità nell’aiutare quanti avessero bisogno, lasciano un ricordo indelebile in tutti coloro che l’hanno conosciuta ed amata.
Voglia il Signore far sorgere donne con lo stesso sentimento, con la stessa consacrazione e con la stessa umiltà, disposte a tutto pur di raggiungere le anime bisognose per annunciare loro la Parola della Vita.

Tratto da “Madri in Israele” di Francesco Toppi – ADI-Media (2003)


1 Rocerto Bracco, Il Risveglio pentecostale in Italia, Roma, 1956, pag.73.
2 Ibidem, pagg.73,74.



TERESA MIRODDI RAO

Nacque a San Filippo del Mela,  provincia di Messina il 28/01/1922 da una famiglia semplice, dedita al lavoro, in una realta' Italiana, dettata dal momento storico, priva di confort e agiatezze.
Secondogenita di quattro figli, sin da ragazzina,  mostrava un temperamento forte e indomito. La sua fanciullezza e adolescenza trascorsero felici, con la presenza di un padre, Antonino, amorevole e attento ai bisogni della famiglia, infermiere a tempo pieno nel manicomio di Messina;  e di una madre premurosa e amabile soprannominata "la maestra Maria Concetta" per la bravura mostrata nel suo mestiere di sarta.
Negli anni  '40, il padre, affetto da una polmonite allora incurabile, perchè non ancora  provvisti di antibiotici,  mori' lasciando la famiglia priva di una figura maschile e dell’importanza economica  che la stessa rivestiva, dato il periodo storico,  politico e normativo  e  non essendo ancora prevista in Italia la pensione di reversibilita' per le vedove. L'unico beneficio concesso alla vedova e agli orfani era che un componente della famiglia potesse ottenere il posto di lavoro del padre e lo stesso accadde per  Teresa. Dopo una consultazione familiare, la madre Maria Concetta ritenne che, tra i figli,  quella piu' idonea a ricoprire il posto di lavoro assunto dal padre, fosse Teresa.  Naturalmente il posto di lavoro non era dei  “più tranquilli”, anzi sarebbe forse da definire alquanto rischioso data la pericolosita' dei pazienti ed i mezzi forzosi usati, ma Teresa era certa di esserne all’altezza e poi, in tal modo, la famiglia avrebbe ancora potuto avere un mezzo di sostentamento dato dal suo stipendio. Pertanto, all’età di 18 anni, Teresa lascia San Filippo del Mela e si trasferisce a Messina per prendere il posto del padre come infermiera presso il manicomio.

Nel 1942 conobbe Rao Francesco, militare in marina,  il quale, in seguito, divenne marito e compagno di tutta una vita.
Subito dopo aver conosciuto Teresa,  Francesco, chiamato in guerra,  fu preso prigiomiero dei Tedeschi e deportato in Germania.
Teresa era  in stato di gravidanza  e  rimase presso i suoceri, a Rosarno,  dove mise alla luce, il  30/07/1943 due gemelli a cui mise nome di  Gregorio e Giuseppe. I  suoceri di Teresa, non avendo piu' notizie del figlio e convinti della sua scomparsa prematura, iniziarono a maltrattare Teresa ed i suoi figli.
Un giorno, Teresa dovette recarsi al paese natìo, in Sicilia,  perché la madre si era gravemente ammalata e affidò i gemelli alle cure della suocera. Al ritorno, dopo qualche giorno,  Teresa fece una terribile scoperta: i suoi piccoli erano morti dopo un bagnetto!  questa fu la versione della suocera e della cognata, che addirittura occultarono i corpicini dei bambini, di appena tre mesi di vita. Le ostilita' nei confronti di Teresa da parte della famiglia di Francesco erano tali perchè la famiglia aveva programmato, per lui, un futuro diverso, che consisteva nel fatto  di unirlo in matrimonio con la figlia di un ricco propietario terriero del posto e non certo con una povera orfanella.
Dopo la tragica notizia, i suoceri di Teresa le intimarono pertanto di tornarsene  a casa,  in provincia di  Messina,  essendo impossibilitati a mantenerla, e dal momento che il loro  figlio Francesco sicuramente era deceduto in prigionia,  non aveva alcun motivo per restare ancora a Rosarno con loro.

Finita la guerra e liberati i prigionieri Italiani, Francesco, sopravvissuto, rientro' in Italia e presto raggiunse il paese natale. Arrivato a Rosarno,  chiese alla madre notizie di Teresa. La madre, per far dimenticare Teresa al figlio e volendola mettere in cattiva luce, rispose falsamente  che, sul fine della guerra, Teresa era andata via con dei soldati. Ma il padre di Francesco, di indole più buona, lo chiamo' in disparte e gli racconto' le cose come stavano: “Non è vero! Teresa ha avuto due bambini, figli tuoi, che sono morti con una disgrazia e tua madre e tua sorella l'hanno mandata via pensando che tu fossi morto in guerra”. A quel punto Francesco si precipito' in Sicilia e precisamente a san Filippo del Mela,  dove abitava Teresa con la madre e i suoi fratelli, e la trovò lì, a distanza di anni, ad aspettarlo. Da allora non si separarono mai più.
E' opportuno precisare che le condizioni igenico sanitarie ed i trattamenti precari ricevuti al momento del parto,  causarono a Teresa un'infezione chiamata Annessite e per tale motivo, i coniugi Rao,  non  riuscirono  più ad avere altri bambini.

Nel frattempo, visto che a Rosarno non c'era lavoro e i rapporti con i familiari erano tesi, Francesco e  Teresa si trasferirono a Reggio Calabria. A quel  tempo,  tra Reggio e Messina,  c'era il dazio e Teresa,  conoscendo bene le due realtà, intraprese l'attività di contrabbandiera di sale e, con la collaborazione del marito,  sicuramente meno audace di lei, organizzava e trasportava con abilità e destrezza il sale di contrabando (visto che vigeva il monopolio di stato), lungo le due sponde dello stretto di Messina.
Il contrabbando  permetteva loro di vivere una vita discreta. Più volte, però, la famiglia Rao, fu sotto osservazione della Guardia di Finanza, ma grazie alla scaltrezza di Teresa riuscirono sempre a farla franca. Contestualmente Teresa lavorava come cuoca nella diocesi di Reggio, a stretto contatto con l' Arcivescovo. Le sue qualità e virtù lavorative erano stimate ed apprezzate dall'intera curia. Fu anche amica e collaboratrice della sartoria della signora Versace, la madre del famoso stilista Gianni Versace, dove mise a frutto le doti sartoriali tramandate dalla madre Maria. Dopo qualche tempo giunse notizia che gli zii di Francesco, a lungo assenti dall'Italia perchè emigrati in America, rientravano a Rosarno per un breve periodo. Era il Luglio del 1947 quando i coniugi Cosimo e Maria Caruso arrivarono in paese dopo un lungo viaggio in nave. All'approdo vollero incontrare tutti i parenti ed i nipoti  presso la loro abitazione,  ivi compresi Francesco e Teresa. In quell'occasione i conugi Caruso parlarono a parenti e amici del loro incontro con il Signore, di come Egli aveva trasformato la loro vita, e li aveva indirizzati sul Suo sentiero.
Nei giorni che seguirono, tutte le sere furono  caratterizzate da incontri di preghiera e studio della parola di Dio; molti accettarono il Signore come personale Salvatore nella loro vita e le esperienze spirituali furono tante. L’ evangelo, loro tramite, cominciò a diffondersi in tutto il circondario, tanto da dover organizzare i primi battesimi in acqua, da adulti,  cosi come la Bibbia contempla, il 15 agosto del 1948,  sul lungomare di San Ferdinando di Rosarno. In quel giorno scesero nelle acque battesimali….. i coniugi Rao! Fu una festa memorabile per tutti i partecipanti dell'epoca.

Al rientro dello zio Caruso in America,  poi seguito dalla moglie Maria, la quale prolungò i suoi giorni di permanenza a Rosarno per seguire e sostenere la chiesa nascente, Francesco e Teresa furono incaricati di divulgare la Parola e diffondere l’ Evangelo, avendo come lascito dagli zii:  Gesù nel cuore, una Bibbia ed un innario di canti.
I coniugi Rao, rientrati a Reggio Calabria dopo la permanenza a Rosarno,  non navigavano nell'oro e  infatti abitavano in uno scantinato. Fu proprio in quello scantinato che iniziò la loro avventura di credenti: niente era più come prima, i loro giorni erano pieni di allegrezza, lodavano e cantavano inni al Signore tanto che i passanti,  dalla griglia del marciapede sovrastante, li ascoltavano. Questo procurò loro non pochi problemi con la legge, visto che in Italia, a quei tempi, c'erano ancora gli strascichi della legge Buffarini Guidi che impediva di professare una fede diversa da quella istituzionale. Fracesco in modo particolare,  fu bersaglio delle forze dell'ordine che  più volte lo misero sotto pressione cercando  di fargli confessare che, sia lui che la moglie, percepivano denaro da parte dei credenti evangelici Americani per divulgare l'Evangelo in Italia. Un giorno, dopo essere stato  trattenuto in caserma a Reggio Calabria ed essendo stato intimato dai Gendarmi a confessare dove andava a riscuotere i soldi, Francesco  accettò formalmente che avavano ragione. Il maresciallo,  convinto che il suo “imputato” era crollato,  disse all'appuntato: “Scrivi le deposizioni del Francesco” , e cominciarono:  “Io sottoscritto Rao Francesco,  delego il qui presente maresciallo......... , a percepire la somma di cinquanta mila lire pervenutami dall'America per la divulgazione dell'Evangelo”.
- ” Adesso dicci l'indirizzo!” ribadì il Maresciallo,
- “Questo non lo so”, rispose Francesco
- “Come non lo sai!!”, incalzò il Maresciallo
- “Sono ore che mi tenete sotto pressione accusandomi di percepire tali somme…. io, posso solo farvi la delega per ritirare i soldi, dove ritirarli, certo lo saprete voi!” fu la serena e “guidata” risposta di Francesco.
A quel punto, convinti che dicesse la verità, lo rilasciarono.
Sono tanti gli episodi di questo genere e,  per ovvie ragioni, non è possibile elencarli tutti.
Nel frattempo, le risorse economiche accantonate che li avevano sostentati fino a quel momento, finirono  e ritornò la necessità di intraprendere l'attività lavorativa fino a quel quel momento sospesa, cioè il contrabbando di sale,  ma Teresa,  rivolgendosi a Francesco,  disse: “Non riprenderemo assolutamente la nostra vecchia attività , perchè il Signore non approva il contrabbando”.
Così iniziarono giorni difficili per i coniugi Rao che,  provati dalla nuova decisione di fede, non cedettero alle tentazioni ed intrapresero altre attività per guadagnare onestamente il denaro necessario e ciò fu possibile, con l’aiuto di Dio.

Nel frattempo, nel 1947,  il Signore mise sulla loro strada il fratello in fede Crisafulli Carmelo, Pastore della chiesa di Messina. Francesco e Teresa, videro in quell’incontro, l’opportunità che il Signore dava loro di poter far nascere una comunità evangelica anche nella loro città e furono ben felici di mettere a disposizione la loro casa, anche se si trattava di uno scantinato,  affinchè il fratello Crisafulli potesse regolarmente ministrare i culti presso la loro abitazione,  appunto, in Reggio Calabria, nella via Aschenez, nei pressi dell’orfanotrofio. L’Opera del Signore proseguiva ed i credenti proliferarono fino a formare una piccola realtà evangelica pentecostale. Intorno al 1952,  un gruppo di fedeli si trasferì da Africo Vecchio,  a causa dell'evento catasrofico che l'alluvione aveva provocato in quei luoghi.
Anche i credenti Africesi ricevevano assistenza spirituale dal loro pastore, Leo Favasuli e dai suoi collaboratori, alloggiati temporaneamente a Palmi (RC).
La svolta avvenne quando la sorella Paola Tedesco di Ferruzzano (RC) si stabilì a Reggio di Calabria e diede impulso all'opera d'evangelizzazione, iniziando riunioni di culto nella propria abitazione.
Anche i coniugi Rao cominciarono a frequentare queste riunioni e grazie al fervore evangelistico di tutti in poco tempo fu necessario un secondo locale di culto più ampio; ne fu preso uno in affitto in Via Santa Caterina D’Alessandria, dove anche alloggiava il primo pastore, Carmine Monetti (pastorato: Luglio 1953 - 1955).
Il gruppo contava allora 15 membri e il primo servizio battesimale fu celebrato il 17 Maggio 1953 con candidati:Giuseppe Divino, A. Gonzales, E. Melara, Domenica Ielo e Caterina Siclari.

Grazie al Ministero  della sorella Paola Tedesco,  già conosciuta nell'ambito evangelico, i fedeli di Reggio Calabria ebbero l'opportunità di stringere rapporti con altre comunità e gruppi sparsi nella parte Ionica di Reggio. In occasione di un incontro provinciale tenutosi ad Africo Nuovo,  Teresa fece un'incontro sorprendente con un vecchio amico e collega di lavoro conosciuto anni addietro nella sede del clero di Reggio Calabria dove lei prestava lavoro come cuoca:  il giovane era Andrea Palamara, niente di meno che l'assistente del vescovo di Reggio! Da lì nacque un amore fraterno durato tutta una vita. Verso la fine degli anni ‘50 il Signore benedisse in modo particolare i coniugi Rao: Francesco divenne gestore di un impianto AGIP ubicato nel cuore di Reggio Calabria,  davanti alla stazione ferroviaria di Reggio Lido. Grazie alle ottime condizioni economiche createsi, Francesco e Teresa poterono ospitare, sostenere economicamente ed ininterrottamente, per tutto l'arco della loro vita , diversi uomini di Dio nonchè finanziare la crescente divulgazione dell'Evangelo. Nella loro nuova  abitazione,  dotata di un'appartamento al piano superiore di una casa indipendente, trovarono ospitalità e sostentamento centinaia di Pastori e missionari di ogni parte del mondo, principalmente Americani,  molto impegnati sul fronte evangelistico nella nostra nazione.
E dunque, come epilogo di questo racconto di cui poco si è detto e molto ci sarebbe da dire, qualche parola và spesa alla protagonista Teresa, figlia, madre e moglie fedele forte nelle sue convinzioni.
Teresa, sola per lungo periodo ed aggrappata a quella fede che stava producendo germoglio nel suo cuore, ha sempre dominato l'avversa sorte e fronteggiato con la più forte testimonianza nel cuore le difficoltà che si frapponevano sul suo cammino. E di lei seppur tanto ci sarebbe da scrivere, pochi frammenti sono sufficienti per ricordarne l'immagine. Teresa, donna di un Dio ancora sconosciuto a tanti, divulgatrice della Parola e  dell'Evangelo, ha posto le basi ieri per la comunità di oggi, con solo tre piccole,  ma grandi cose: una Bibbia, un libro di cantici, e la fede nel cuore.   
CARMELO CRISAFULLI
(1896-1972)
Inseriamo Carmelo Crifasulli in questa sezione perchè pur non essendo calabrese è stata una figura luminosa del Movimento Penetecostale Italiano, ma anche valido strumento nelle mani del Signore per incoraggiare il piccolo nucleo della nascente Comunità Reggina e altre Chiese della provincia calabrese.

Carmelo Crisafulli nacque il 31 agosto 1896 ad Enna, il capoluogo della provincia più montuosa della Sicilia, l'unica a non avere sbocchi sul mare. La città è il capoluogo di provincia più alto d'Italia. La zona era ed è ancora oggi caratterizzata da una economia tra le più povere della nazione.
Della fanciullezza e prima giovinezza di Crisafulli non abbiamo notizie precise; ci è noto soltanto che si convertì all'Evangelo nel 1923 a Messina, dove si era trasferito per ragioni di lavoro.
Nella nascente e fervente comunità pentecostale sorta qualche anno prima per la testimonianza di Serafino Arena, era presente all'epoca anche Giuseppe Verna, pastore di una fiorente chiesa italiana a Philadelphia che contribuì allo sviluppo della comunità, insieme al fratello Giacomo Lombardi che la visitò per la prima volta nel 1923.
Nel 1924, tornando a "visitare nuovamente questa Chiesa (di Messina) costituì come pastore di essa il fratello Carmelo Crisafulli" (1).
Carmelo Crisafulli, poco dopo la sua conversione all'Evangelo, fece l'esperienza del battesimo nello Spirito Santo e divenne un membro assiduo della comunità.
Ma lasciamo a lui stesso la possibilità di narrare come venne costituito conduttore della Comunità di Messina: "Io ero da poco convertito e non avevo mai ardito parlare col fratello Giacomo Lombardi perché mi metteva enorme soggezione per la sua personalità severa ed autorevole. Egli non mi conosceva ma una sera del 1924 durante una riunione di culto improvvisamente il fratello Lombardi, usato dal Signore col carisma della parola di sapienza disse: "Chi si chiama Carmelo Crisafulli? Molto timidamente risposi: "Sono io!". Bene, disse Lombardi, vieni avanti perché il Signore ti chiama per essere anziano di questa chiesa. Rimasi esterrefatto, ma ubbidii e lì davanti alla comunità egli mi impose le mani e pregò per me" (2).

Carmelo ottenne il favore della chiesa e ben presto il Signore lo usò per mezzo di un non indifferente "ministerio della Parola". Per il suo carattere riflessivo, anche se apparentemente riservato, fin dal principio fu sempre ligio al dovere pastorale e molto preciso nella dottrina.
La sua predicazione era sempre chiara, breve, autorevole ed edificante. La sua fedeltà nel ministerio e la sua fermezza ben presto lo resero noto tra le chiese della Sicilia e anche tra le poche esistenti nella provincia di Reggio Calabria. Partecipò al primo Convengo degli anziani delle comunità pentecostali tenutosi a Roma nei giorni 19-20 ottobre 1928 e che deve essere considerato come l'Assemblea costitutiva delle Chiese pentecostali in Italia. Crisafulli darà il suo fattivo contributo anche ai lavori del Convegno del 1929.
Sarà tra quei fratelli predicatori che riceveranno la delega dall'unico ministro di culto pentecostale riconosciuto dallo Stato, quello della comunità di Roma, per poter riaprire la sala di Via Terrone, 1, il primo locale pentecostale aperto al culto pubblico in Messina, che era stato chiuso dalla polizia fascista, istigata dal clero locale.
Ecco alcuni estratti dal ricorso fatto a Mussolini, il 31 maggio 1931, da parte di Ettore Strappaveccia, ministro della comunità di Roma riconosciuto dallo Stato e che fungeva da garante delle libertà delle chiese pentecostali in Italia.
"... mi limito a segnalare all'Ecc. V. soltanto gli ultimi inconvenienti più gravi occorsi", e qui cita i particolari di ben quattordici casi di minacce, percosse, contravvenzioni, arresti, chiusura di locali di culto, tra i quali quello di Messina. Ecco come continua il ricorso: "9. In Messina il giorno 19 corrente è stata fatta chiudere l'adunanza di oltre quattrocento fedeli che da circa dieci anni funzionava. Così anche quel numeroso gruppo è stato privato del conforto del culto e della libertà di predicare l'Evangelo" (3).
Da quel documento ritrovato nell'archivio di Stato, possiamo trarre alcune informazioni sulla comunità di Messina che sotto il ministerio di Carmelo Crisafulli aveva raggiunto gli "oltre quattrocento fedeli" nel maggio 1931 e tra l'altro che il locale di Via Terrone, 1, era stato aperto "da circa dieci anni", quindi intorno al 1922-23.
Venne poi la triste parentesi della persecuzione che per la chiesa di Messina coincise con il richiamo alle armi di Carmelo Crisafulli, che era stato sottufficiale dell'Esercito, il quale fu trasferito in Africa Orientale.

La comunità, però, non si disperse perché nel periodo 1935-1945 continuò le riunioni clandestinamente nelle abitazioni dei credenti, sotto la saggia e paterna cura di Francesco Pellegrino (1869-1960 c.) che continuerà ad essere, dopo il rimpatrio del Crisafulli e reinserimento nella comunità, il suo più grande collaboratore.
La grande stima nutrita per il suo ministerio è evidenziata proprio dal fatto che, dopo dieci anni circa di assenza, sarà rieletto a stragrande maggioranza dalla comunità di Messina, nonostante la defezione di una esigua minoranza che si costituirà in comunità indipendente.
Tornata la libertà, la chiesa di Messina trovò un locale in fitto a Via La Farina, nei pressi del campo sportivo, ma ben presto, di nuovo iniziarono le vessazioni e le proibizioni che culminarono nella chiusura del locale di culto il 3 novembre 1947, in quanto le autorità dell'epoca consideravano la famigerata circolare fascista Buffarini-Guidi ancora valida e di conseguenza il Movimento Pentecostale risultava ancora perseguitato.

Carmelo Crisafulli è stato tra i sostenitori più decisi della necessità di ottenere a qualunque costo la libertà di esercitare liberamente il culto evangelico pentecostale. Infatti, fu dapprima favorevole nel 1946 alla necessità di una struttura nazionale e fu uno dei cinque membri eletti nel Comitato Missionario Ricostruzione e Beneficenza per le chiese della Sicilia. Nel 1947, assunse un ruolo preminente nella costituzione delle "Assemblee di Dio in Italia", riconoscendo che per "regolarizzare la propria posizione giuridica" questo era "l'unico mezzo ... a disposizione del Movimento ..." (4).
Le difficoltà apparentemente superate permisero la riapertura del locale di culto di Messina, come anche quelli di altre località, ma nonostante la richiesta ufficiale di riconoscimento delle Assemblee di Dio in Italia, si attese invano per anni l'abrogazione di quella iniqua circolare che si realizzerà soltanto nel 1955, dopo un lungo "braccio di ferro" tra le ADI e il Ministero dell'Interno.

Così, ciclicamente, secondo le insistenze reiterate del clero locale, si manifestarono recrudescenze, intimidazioni, diffide e chiusure di locali di culto.
Anche Carmelo Crisafulli e la Comunità di Messina furono di nuovo diffidati e minacciati. Si seguirono tutte le strade. Crisafulli si era fidato di un legale che notoriamente non faceva gli interessi della comunità e fu possibile liberarsene soltanto per il fraterno e tempestivo interessamento del prof. Giorgio Spini, allora residente a Messina.
Il caso giunse in Parlamento con una interrogazione dell'On. Luigi Preti. Riportiamo per intero la lettera di risposta del Capo Gabinetto dell'allora Ministro dell'Interno.

Ministero dell'Interno
Gabinetto del Ministro
Roma, 10 febbraio 1953

All'On. avv. prof. Luigi Preti - Camera dei Deputati - Roma - Prot. n. 666/2600.

Oggetto: Interrogazione (n. 10248).

Urgentissima - raccomandata a mano.


La S.V. On/le ha presentato la seguente interrogazione, con richiesta di risposta scritta:
"Al ministro dell'interno, per sapere se non ritenga illegittimo il comportamento dei funzionari della questura di Messina, i quali hanno ripetutamente diffidato e minacciato l'operaio Carmelo Crisafulli, anziano della Chiesa pentecostale di Messina, per farlo desistere dal tenere riunioni religiose, e per sapere se non ritenga doveroso far cessare immediatamente questa forma persecutoria".
Si risponde:
L'esercizio del cosiddetto culto pentecostale non è ammesso in Italia, per la particolarità dei riti, i quali si sono dimostrati nocivi alla salute psichica e fisica degli adepti.
Pertanto è da ritenersi legittima la diffida confermata dalla Questura di Messina nei riguardi del sig. Crisafulli Carmelo per l'astensione da qualsiasi attività ed in qualsiasi forma, in materia del predetto culto.

p. il Ministro
F.to Bubbio (5)

Tuttavia, nonostante queste difficoltà che obbligarono la comunità di Messina a riunirsi di nuovo in case private, il fratello Crisafulli sostenuto dal fr. F. Pellegrino e da altri membri del consiglio di chiesa, fece il grande passo di fede, acquistando il 29 luglio 1953 un terreno in Contrada Carrubbara, per la costruzione del locale di culto.
Sorsero difficoltà di vario genere, anche di carattere economico, ma il locale venne portato a termine per la collaborazione di tutti i credenti e la decisa guida del fratello Crisafulli che personalmente seguì i lavori nei minimi particolari.
Bisogna anche ricordare che il fratello Crisafulli svolse ampia opera di evangelizzazione nella provincia di Messina incoraggiando molti fratelli nel ministerio. Sorsero così gruppi che ben presto diventarono comunità numerose, come quella di S. Agata di Militello, che sotto la cura del fratello Sebastiano Ganci e consorte è divenuto il centro di una vasta diaspora. Così, per la visione evangelistica della comunità di Messina sono sorte le comunità di Spadafora, Divieto, Barcellona, Milazzo ed altre che nel tempo si costituiranno come comunità autonome.
Carmelo Crisafulli svolse anche un ministerio benedetto nella provincia di Reggio Calabria, prima che sorgesse nel capoluogo una comunità pentecostale.
Tutta questa attività, negli anni gli procurò profonda stima nell'ambito del Movimento; infatti, venne ininterrottamente rieletto nel Consiglio Generale delle Chiese, dal 1955 al 1971.
Nonostante varie difficoltà di carattere familiare, la perdita della prima moglie e le sempre più precarie condizioni fisiche, rimase fedelmente al suo posto, fino a che il 17 giugno 1972, fu richiamato alla casa del Padre all'età di 75 anni, dopo aver servito con dedizione, fedeltà e rettitudine il Signore ed il Suo popolo per oltre 37 anni.
La Comunità di Messina, dopo un periodo di smarrimento perla dipartita di Carmelo Crisafulli e per la mancanza di un conduttore definitivo, è stata curata da vari fratelli, finché sotto la guida del pastore Giuseppe Melluso inviato dal Consiglio Generale delle Chiese al principio del 1976, ha continuato a svilupparsi, nonostante la presenza in città di altre comunità indipendenti. L'ampio locale costruito dal fratello Crisafulli è diventato insufficiente e la Comunità, incentivata dalla visione del proprio pastore e del consiglio di chiesa, ha prima acquistato un terreno su una delle vie principali di Messina e poi ha costruito un modernissimo locale attualmente unico del suo genere in Italia per la sua struttura architettonica, che è stato dedicato al culto pubblico il 4 marzo 1989. La sempre numerosa e fervente comunità ADI continua così ad onorare il Signore e l'Evangelo nella bella città di Messina definita come "la porta del sole".
Carmelo Crisafulli, nonostante la sua apparente severità,aveva una profondità di sentimenti che ha lasciato un segno in coloro che attraverso gli anni ha servito per amore di Gesù con semplicità e con integrità. Egli appartiene al folto gruppo dei pionieri del movimento pentecostale italiano che non essendo costituito da "molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili...", è stato divinamente scelto "affinché nessuna carne si glori nel cospetto di Dio" (1 Cor. 1:26-29).

a cura di Francesco Toppi

NOTE:
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(1) R. Bracco, Il Risveglio Pentecostale in Italia, Roma 1956,  pagg.79-80;
(2) Intervista a Carmelo Crisafulli, Roma 1968.
(3) Archivio di Stato Serie PS, G1, busta 26, fasc. 299-2.
(4) Raccolta degli Atti delle Assemblee Generali, ADI, Roma, 1970, pag. 17
(5) A.C. Jemolo per la libertà religiosa, in Italia, nuovi argomenti Roma, n. 2 maggio-giugno 1953, pagg. 45 e 46.
DEMETRIO IARIA
(1928-2015)
Brevemente voglio raccontare come ho conosciuto il Signore. Lavoravo nella zona del Policlinico ed  era il periodo delle festività natalizie. Una signora di cognome Pantò  mi diede un opuscolo evangelistico “GESU’ TI INVITA” ; che conservai passivamente in tasca. Arrivai a casa, mia moglie, che era molto fervente nella fede cattolica, mi disse leggendo l’opuscolo: " Sai Mimmo,  questo foglietto parla del Signore".Così decisi di andare nella sala dove si tenevano delle riunioni di culto, in via Santa Caterina d'Alessandria, in un locale seminterrato dove incontrai un fratello  di Africo a cui chiesi: "Avete qualche adunanza religiosa?". lui rispose: "Si, è la prima volta che venite? Venite, che il Signore fà cose grandi per Voi, cose che non vi aspettate". Con convinzione entrai nella sala e rimasi meravigliato dalla semplicità con cui si lodava il Signore e dalla loro serietà in quanto erano tutti inginocchiati.Il pastore della comunità era il fratello Gennaro Basile. Durante quello studio biblico l’argomento, tratto dalla Parola di Dio, parlava del dare la decima delle entrate e anche l’offerta per l’opera del Signore.La riflessione che ho fatto è stata: "Ora i soldi te li devo dare tutti a te ! "La nostra famiglia non aveva neanche il necessario e per aiutarla, mia moglie vendeva le uova delle nostra galline, per comprare la carne la domenica per i bambini.Qualche mese dopo, il fratello Basile, è ritornato nella sua città ed è stato sostituito dal pastore Giulio Ielo.Da quel periodo in poi non sono mancato a un culto perché mi piaceva e pregavo con assiduità, notte e giorno. La sera a  casa, al lavoro.. pregavo sempre. Abitavo a Santa Caterina sotto la stazione ferroviaria, in una baracca di legno con attiguo un orticello. Pregavo il Signore per avere una casa più dignitosa e dopo non molto tempo ho avuto assegnato una casa popolare.Pregavo il Signore per fare meglio la sua volontà ed incoraggiato dal fratello Giuseppe Divino, chiedevo il battesimo nello Spirito Santo, come indicato nel libro degli Atti.
Una mattina ero al lavoro, mi appoggiai su un muro vicino alla  caserma Borrace e mi misi a pregare dicendo: "Signore, Tu mi devi dire dove sbaglio, altrimenti non mi posso correggere". Elencando le cose che facevo prima della conversione e che non facevo più, a un certo punto sentii una voce all’orecchio destro che mi disse: "..E la decima?". Lo sentì ben chiaro; mi girai velocemente per vedere se c’era qualcuno ma non vidi nessuno. Ho avuto il dubbio che non era il Signore che parlava, allora ho pensato di andare a casa per dirlo a mia moglie. Quando sono arrivato vicino casa mi fermai a pregare e chiesi al Signore dei segni:
"Se sei stato tu a parlare, fai che oggi, quando vado a casa, mia moglie si faccia trovare al centro del cortile e appena, mi vede salire, mi dica 'Pace del Signore fratello Iaria' (frase insolita).
Mi deve aprire il cancello e deve dire 'Entra benedetto dal Padre mio! Perché stai fuori?' (anche questa frase insolita)
Io gli farò una proposta, se è d’accordo a dare la decima dello stipendio per l’opera del Signore; lei mi deve dire 'Amen' ".
Salii il viottolo che portava  verso casa. Mia moglie si trovava nel mezzo del cortile, dopo il cancello di accesso in legno, e puntualmente è avvenuto quello che io avevo chiesto come segno. L’Amen che aveva pronunciato non finiva mai! Capii che il Signore non mi battezzava nello Spirito Santo perché non ubbidivo alla Sua Parola riguardo la decima tutto questo successe di venerdì.Ci alternavamo con mia moglie per andare in chiesa un giorno ciascuno. Il Lunedì successivo era la giornata in cui si teneva la riunione di preghiera. Spettava a me andare in chiesa ed era il 09/11/1960. Andai al culto con il desiderio di essere battezzato nello Spirito Santo. Per evitare di disturbare il condominio venivano chiuse porte e finestre durante la riunione. Mentre si pregava, sentii un vento, un vento insolito. Pensai: "Hanno lasciato qualche finestra aperta!" Aprii gli occhi e vedi tutto chiuso e i fratelli e le sorelle con la testa china sulla sedia che pregavano, pregavano intensamente. Allora dissi: "Ah Signore, questo sei Tu! Meglio di ora, quando mi puoi battezzare nello Spirito Santo?" Questa è stata l’ultima parola che ho detto in italiano! Il Signore mi riempi di Spirito Santo e realizzai quanto scritto nella Bibbia. Domanda pastore: Quando ti sei convertito? Dopo quanto tempo che sei andato in chiesa?

Dopo un po’ di tempo, uno o due mesi;
Domanda: Scusa fratello Iaria, adesso che ci troviamo,  la sorella Iaria quando ha dato il cuore al Signore e come lo ha dato?
Dopo quasi sei mesi più o meno, dopo che il Signore mi aveva battezzato nello Spirito Santo. Adesso ti racconto. C'era mia suocera che ha sentito che mi ero convertito e ha pensato di venirci a trovare almeno due volte la settimana. Portava immagini sacre e per queste ragione, mia moglie si rivolgeva in preghiera ad essi. Una sera mia moglie mi disse: "Voglio rimanere alcuni minuti in più con il mio Signore. Tu puoi andare a coricarti". Quella sera mia moglie ha incominciato a pregare e ha sentito rumore di catene, e spaventandosi è venuta a coricarsi facendo questa semplice preghiera:
"Signore, se ci sei, veramente ci sei (perchè ancora non credeva, era sempre in dubbio!), se ancora ci sei, Tu mi devi dare un segno, mi devi parlare!"
Verso mezzanotte lei ha visto Gesù, che le disse: "Alzati e vieni con me".
La fece sedere su una sedia invitandola ad alzare le mani e a dire: 'Pace, pace, quella che viene dal Signore'". Per ben tre volte. Quando la mattina mi svegliai, mi dice: "Aspetta Mimmo, che ti devo raccontare qualcosa. Stanotte ho incontrato Gesù che ha trasformato la mia vita". Da quel giorno abbiamo iniziato a servire il Signore insieme.

Testimonianza di Demetrio Iaria. Intervista del pastore Enzo Labate il 22 Marzo 2011 a Reggio Calabria
FRANCESCO MALARA
(1924 – 1999)
Nasce il 28 maggio 1924 a Pellaro, popoloso quartiere, prevalentemente collinare, nel comune di Reggio Calabria, da una famiglia contadina e di umili origini. Fin da piccolo mostra nell’integrità la migliore connotazione del suo carattere, che nonostante un’adolescenza non facile, segnata dalle ristrettezze e dalla crudeltà della guerra, mantiene intatta nel tempo mostrando sempre un comportamento allineato ai suoi principi. Si avvia giovanissimo al mondo del lavoro allontanandosi dal luogo di origine e cercando una condizione migliore altrove. Ritornato dopo qualche anno al suo paese, frequenta un corso d’infermiere che lo porterà alla sua sistemazione professionale stabile. Trasferitosi in città, incontra Fortunata, (Cilla) che diventerà sua moglie e da lei avrà tre graziosi figli: Domenico, Antonino e Giuseppe.  Nei primi mesi del 1965, a seguito d’incontri apparentemente casuali con persone “apparentemente strane”comincia un lento ma inesorabile avvicinamento alla fede. Il suo carattere socievole ed estroverso lo avvicinava subito alla gente e tra questa, persone semplici, gli annunciarono il sano e salvifico messaggio del Vangelo di Cristo. Non senza iniziali resistenze ma a piccoli passi, e grazie anche all’esperienza di rinnovamento della propria vita già avvenuta nella moglie, aprì il suo cuore alla luce del Vangelo e nell’ottobre del 1965, consegnò la sua vita nelle mani del Signore, scendendo, insieme a sua moglie, nelle acque battesimali, tra le braccia del Pastore Giulio Ielo, e iniziando un cammino cristiano, realizzando Gesù Cristo come personale Salvatore e Signore della propria vita. Per il rimanente dei suoi anni ha fedelmente servito il Signore nella comunità e fuori da essa, onorando sempre la testimonianza del Vangelo. Grazie al suo carattere estroverso e volitivo è stato sempre di esortazione e conforto alla chiesa, praticando attivamente l’ospitalità e mettendosi al servizio degli altri anche come Consigliere, carica che ha mantenuto fino alla fine dei suoi giorni. Amato e stimato da tutta la comunità, si è addormentato nel Signore il 4 gennaio del 1999, lasciando un vivo ricordo e la testimonianza dell’opera di Cristo nella vita di coloro che si lasciano modellare dalle Sue mani.
GIOVANNI MELARA
(1925-2009)
Nacque in Delianuova (RC), ridente cittadina Aspromontana, il 29 Giugno 1925, in una famiglia di artigiani, dove gli furono inculcati i giusti valori morali e religiosi.
Partecipò in modo assiduo alla vita del suo paese, imparando uno strumento e suonando insieme al padre nella banda musicale e collaborò con la sua famiglia per portarla avanti nel periodo della seconda guerra mondiale, recandosi a piedi da Delianuova a Bagnara Calabra (RC) per vendere le scarpe prodotte dal padre.
Continuò a seguire queste strade fino ad alcuni incontri che cambiarono completamente la sua vita.
Come tanti ragazzi della sua epoca, imparò il mestiere di sarto e iniziò la sua vita lavorativa, girando la Calabria per insegnare “Taglio e Cucito”.
Durante il suo periodo di permanenza in Rossano Calabro (CS), incontrò una ragazza che diventò poi sua moglie. Dopo il matrimonio si trasferirono a Reggio Calabria dove, attraversando grosse difficoltà economiche, iniziarono la loro vita coniugale e lavorativa.
Passarono gli anni e il loro desiderio di avere figli non si realizzava.
A questo punto della sua vita, il piano divino iniziò la sua opera: conobbe il fratello Mario Mollica, cristiano evangelico, collega di lavoro, che gli parlò di Gesù, del Suo amore, della Sua Grazia, di quello che ha fatto per tutti gli uomini e che poteva fare anche per lui.
Rimase affascinato dalla figura di Gesù e iniziò a frequentare le riunioni di culto in  angusti locali nella zona di Santa Caterina e, successivamente, in via Filippini. Iniziò a leggere con assiduità la Bibbia e pregò l’Iddio vivente e vero in spirito e verità, scoprendo la Verità nella Persona Divina di Gesù Cristo.
Si avvicinò sempre di più al Signore e lo accettò come suo personale Salvatore, anche se la sua famiglia cercò in tutti i modi di ostacolarlo; ma il desiderio di servire il Signore continuò a crescere nella sua vita. Nell’agosto del 1957 realizzò la promessa del battesimo nello Spirito Santo, prima ancora di essere battezzato in acqua in ubbidienza alla Parola del Signore, dal pastore Gennaro Basile,.
Nel suo cuore crebbe sempre di più il desiderio di avere figli, essendo passati già otto anni dal suo matrimonio, e chiese questo miracolo al Signore, che gli parlò attraverso la Bibbia nei versi di Luca 13:8,9: “Ma l'altro gli rispose: «Signore, lascialo ancora quest'anno; gli zapperò intorno e gli metterò del concime.  Forse darà frutto in avvenire; se no, lo taglierai»".
Credette fermamente che quella fosse la risposta di Dio alle sue preghiere e, quando, nel settembre 1959, nacque il primo dei suoi tre figli, comprese che il Signore è “L’Iddio dei Miracoli”.
Continuò con grande umiltà, aspetto e caratteristica del suo carattere e della sua vita, trasformata dal suo incontro con Gesù, a fare la volontà del Signore, che l’ha portato avanti senza fargli mai mancare nulla, anche se la sua fede evangelica, cui non si vergognò mai di appartenere, lo fece escludere da concorsi vinti in alcune Pubbliche Amministrazioni.
Fece il sarto per tutta la vita e il suo laboratorio fu una fucina di tanti uomini di Dio e un modo, forse inconsueto, di evangelizzare, un punto dove trovare una parola dolce e di conforto per tutti quelli che ne avevano bisogno.
Chi l’ha conosciuto lo definiva un uomo di Dio, e questo è stato per la sua famiglia e per la Chiesa di Reggio Calabria, che servì prima come unico monitore di Scuola Domenicale, poi come Consigliere e, per diversi anni, come Conduttore.
In uno dei suoi ultimi sermoni, nel 1996, lo Spirito Santo lo spinse a parlare sul versetto di Galati 1:24: “E PER CAUSA MIA GLORIFICAVANO DIO”, dove ha lasciato a ognuno di noi, che l’abbiamo conosciuto, un importante insegnamento sul come comportarci nei confronti degli altri.
Ha lasciato il buon profumo di Cristo a tutti quelli che l’hanno conosciuto; il Signor Gesù fu sempre il suo punto di riferimento e visse per vedere realizzata la promessa della Bibbia: “Credi in Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia”.
Negli ultimi anni della sua vita soffrì nel fisico, ma cercò sempre di portare avanti quello che il Signore gli aveva comandato: essere un suo fedele servitore.
E tale rimase fin quando il 2 giugno del 2009 il Signore l’ha chiamato a “casa”.
MARIO MOLLICA
(1933-2007)
Mario Mollica nacque il 3 luglio 1933 a Melito Porto Salvo, crebbe ad Africo vecchio in provincia di Reggio Calabria. La sua famiglia era abbastanza agiata, rispettata e di ferventi cattolici. Rimase ad Africo fino all’ età di 14 anni quando poi si trasferì a Napoli per imparare il mestiere di sarto. Un giorno passeggiando per i sobborghi di Napoli con un suo amico, sentì intonare dei cantici a lui familiari, poiché li aveva già sentiti nel suo paese natìo, avendo conosciuto qualche evangelico. Così volle entrare incuriosito, e continuò a frequentare ,grazie all’ aiuto e all’ accoglienza calorosa dei fratelli, che incoraggiarono quel ragazzo privo di punti di riferimento e in cerca di qualcosa che non riuscì a trovare nei suoi viaggi e avventure. La cosa importante,anzi la persona importante che trovò fu Gesù. In quella chiesa fu salvato e battezzato in acqua e poco dopo riempito di Spirito Santo aveva ed aveva solo 17 anni, ma il Signore compì un’ opera grande e stravolse la sua vita in maniera eclatante. Lì imparò la fisarmonica(dono che in seguito adoperò per il Signore) e fece delle belle esperienze in quella città e una volta morto il suo insegnante di cucito(lui diventò, grazie a questo insegnante, un’ ottimo sarto) si concluse la sua avventura a Napoli e tornò ad Africo. Lì rincontro l’ amore della sua vita con la quale fu fidanzato sin dall’ età dell’asilo(circa 4 anni) , che le disse poco prima della sua partenza a Napoli: “ Mario io ti lascio perché ho incontrato un uomo migliore di te(Gesù) che ha cambiato la mia vita”. Una volta che si rincontrarono si riaccese la scintilla in un’ istante e si rimisero insieme e dopo poco tempo si sposarono trasferendosi da Africo Nuovo a Reggio Calabria(Africo vecchio era già stato devastato a causa dell’ alluvione nel 1951). Nel periodo prima dell’ alluvione( nel 1947 circa) Africo vecchio fu raggiunto dall’ evangelo tramite il fratello Francesco Toppi(pioniere dell’ evangelo in Italia ed ex presidente delle A.D.I.). in quel periodo di fame e di carestia causati anche della fine della Seconda Guerra Mondiale, il Signore non mancò di raggiungere quel paesino sperduto. Il primo pastore della chiesa di Africo fu il fratello Leo Favasuli(padre di Girolama) che curò inizialmente la missione di Africo. Poi trasferendosi a Reggio dopo l’ alluvione, la cura della chiesa passò al fratello Andrea Palamara. Cosa divertente e che tutti i fratelli che sono stati menzionati erano inizialmente ostili all’ evangelo , per esempio il fratello Palamara insieme a Mario Mollica, prima della loro conversione, prendevano in giro gli evangelici, e quando venne il fratello Toppi ad Africo scrissero sul muro esterno della chiesa “ Se vai appresso a Toppi ti intoppi". Tornando al fratello Mollica, il Signore benedisse lui e sua moglie grandemente concedendogli 5 figli. Durante il primo parto, il ginecologo suggerì alla sorella Girolama di abortire poiché il bambino  era a rischio ed anche se fosse riuscita ad averlo sarebbe morta o nell’ ipotesi meno grave non avrebbe potuto avere più figli. Ma lei insieme al fratello Mario risposero al dottore:” queste cose non le vogliamo neanche sentire non confidiamo in Dio che non permetterà nulla del genere” e così fù. Nessuna di quelle ipotesi si verificò anzi il Signore li benedisse concedendogli altri 4 figli in salute. Si presento un’ altra dura prova nella vita del fratello Mario che gli comportò la perdita di un’ occhio per un problema al tessuto ottico in forma di tumore che doveva causargli la morte e invece il Signore operò ancora e ancora e i medici rimasero sbalorditi. La vita del fratello Mollica fu molto travagliata, ma il Signore non mancò di sostenerlo, di fargli vivere dei bei momenti, che per lui e per tutti quelli che hanno servito Cristo, non sono ancora finiti. Il Signore ha chiamato a sé il fratello Mario Mollica il 19/03/07.
Il nipote Fabio.



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