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Azione, non soltanto intenzione!

Adi Reggio Calabria
Pubblicato da in - Riflessioni Bibliche · 8 Settembre 2016
AZIONE, NON SOLTANTO INTENZIONE!

“Quanto son belli, sui monti, i piedi del messaggero di buone novelle, che annunzia la pace, ch'è araldo di notizie liete, che annunzia la salvezza, che dice a Sion: ‘Il tuo Dio regna!’" (Isaia 52:7)
Uno dei più grandi problemi del cristiano oggi, si trova ad affrontare si può riassumere in una parola: superficialità. È il difetto di chi non considera la sostanza delle cose ma s’accontenta unicamente della corteccia esteriore. È il difetto di chi legge la Scrittura ma non per riguardare “bene addentro nella legge perfetta, che è la legge della libertà” (Giac. 1:25), ma solo per placare la voce della coscienza e perché no, dello Spirito Santo che ci brama fino alla gelosia e che ci ricorda le Parole di Gesù: “Santificali nella verità: la tua parola è verità” (Giov. 17:17). Può avvenire allora che pur di poter dire a se stessi: “Anche oggi ho fatto il mio dovere”, recitando la parte di una commedia, nella quale loro stessi riconoscono che il ruolo di attori proprio non gli si confà, leggono frettolosamente un foglietto del calendario cristiano dell’anno, mentre magari nell’altra mano sorreggono quella tazza di caffè che ingurgitano ad una velocità altrettanto supersonica. Ahimè, non hanno tempo per meditare, per considerare attentamente, ciò che il Signore vuole dir loro nella Scrittura. Il risultato è che a volte non riusciamo ad essere veramente attenti ed obiettivi in tutte le altre cose. La superficialità purtroppo produce delle reazioni a catena.
Anche il testo biblico che stiamo meditando, per esempio, potrebbe farci incappare in errori di valutazione se non considerato attentamente. Proviamo perciò ad analizzare questa figura molto bella e conosciuta dell’araldo dell’Evangelo, di colui che annuncia notizie liete. Quando pensiamo a un messaggero dell’Evangelo automaticamente ci vengono subito in mente alcune cose. Prima di tutto pensiamo ad un pulpito, ad un locale di culto ipertecnologico e multifunzionale e non ad una strada.  Potremmo pensare alla nostra Bibbia con copertina di pelle, con taglio in oro e non alle anime perdute. Siamo poi attratti dall’oratoria del messaggero, dall'abilità nell'esporre con minuziosità di termini le più grandi verità bibliche, dal “carisma” capace di coinvolgere le folle, l’originalità sempre,in ogni caso e ovunque, anche magari, a costo di sminuire il valore dell’eterna Parola di Dio. E poi, perché non invidiare il timbro della voce che imprime una particolare autorevolezza al personaggio che parla. Inoltre, consideriamo le sue mani che gesticolano, che vengono usate per additare il peccato anche se qualche volta, ammettiamolo, le nostre stesse mani dovrebbero saper indicare innanzi tutto i nostri errori. Del messaggero di buone novelle si potrebbe parlare riguardo agli opuscoli che usa, al desiderio che ha o meno di vedere persone nate di nuovo, dei suoi propositi per l’avanzamento dell’opera di Dio e dei mezzi evangelistici. Il nostro versetto biblico lo descrive sui monti sicché non può non essere visto: lo sguardo di tutti è su di lui! Ma come lo vede lo scrittore sacro ispirato dallo Spirito Santo? Con superficialità? Egli ne contempla la bellezza … ma di cosa? Niente di tutto quello che abbiamo elencato precedentemente, ma semplicemente una considerazione relativa ai "suoi piedi". Proprio "i piedi", quelli che forse nessuno avrebbe mai notato, nulla di più. “Quanto son belli, sui monti, i piedi”. In altre parole, ciò che ha maggiore valore per tutti i messaggeri dell’Evangelo è il poter dire con tutta onestà: “C’ero anch’io”. I migliori programmi come pure le più nobili intenzioni e i migliori propositi a nulla giovano se non ci muoviamo, se non sono i nostri piedi a portarci, come recita un bellissimo inno cristiano, “là dove il male impera tra i derelitti figli del dolor”. Il più grande messaggio che il mondo abbia mai ricevuto, non può essere predicato da chi ha fatto del mitico “Armiamoci e partite” il motto della propria vita. Sull’altare di Dio non ci siano solo le mani mosse dal nostro desiderio di donarci, non solo il cuore animato da un buon sentimento; non solo gli occhi che ci aiutano a vedere un mondo che muore senza Dio e senza speranza; non soltanto l’orecchio che ode il grido di chi soffre per poi commuoversi e nulla più. Ci siano invece i nostri piedi, stanchi, arrossati, gonfi, impolverati, ma che pur tuttavia ci portano nel luogo del bisogno. Questo è quello che il profeta vede come veramente bello, perché tutto diventa inutile se l’intenzione non si tramuta in azione.
La Bibbia afferma che il Signore odia “i piedi che corron frettolosi al male” (Prov. 6:18). Usare dunque questi arti del corpo per fare il male è cosa cattiva ma è anche vero che non usarli proprio per niente è pur sempre errato perché “Colui che sa fare il bene, e non lo fa, commette peccato” (Giac. 4:17).
L’esempio perfetto del Maestro che “è andato attorno facendo del bene” (Atti 10:38), possa essere d’ispirazione per ogni araldo dell’Evangelo.
La considerazione per i suoi piedi stanchi dopo circa sei ore di viaggio per cercare e salvare una donna samaritana, possa stimolarci a non essere indolenti e sterili bensì ad essere attivi e ubbidienti fino alla fine, come Colui che donò anche i Suoi piedi inchiodandoli sul duro legno della croce affinché avessimo vita.  

Enzo Labate





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