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Che cosa vuol dire l’affermazione: “Gesù è andato a predicare ai morti”?

Adi Reggio Calabria
Pubblicato da in - Investigate le Scritture · 12 Giugno 2017
Il lettore certamente si riferisce a due testi contenuti nella prima epistola di Pietro la cui interpretazione è stata sempre controversa fin dall’antichità: “… Cristo ha sofferto una volta per i peccati, egli giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio; essendo stato messo a morte, quanto alla carne, ma vivificato quanto allo spirito; e in esso [spirito,N.d.A.] andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furon ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè …” (I Pietro 3:18-20);
“Essi renderanno ragione a colui ch’è pronto a giudicare i vivi ed i mor­ti. Poiché per questo è stato annunziato l’Evangelo anche ai morti …” (I Pietro 4:5, 6).
LE DIFFICOLTÀ
Questi testi, indubbiamente, presentano difficoltà d’interpretazione, ma siamo certi che la Parola di Dio non si contraddice.
Molti esegeti, alcuni dei quali famosi nell’antichità, utilizzano i seguenti versetti biblici per sostenere la dottrina della discesa di Cristo nell’Ades. Ma esistono dei gravi problemi dottrinali che spingono a tro­vare una interpretazione diversa. Eccone alcuni:
a. Affermare che Gesù andò a “predicare” nell’Ades ai morti della generazione di Noè, cioè “… agli spiriti ritenuti in carcere …”, significhe­rebbe ammettere che esiste un’opportunità di salvezza dopo la morte. Sarebbe illogico pensare che avendo una seconda opportunità di ravve­dimento dopo la morte, questi increduli contemporanei di Noè non si convertano dinanzi alla realtà palpitante dell’aldilà dove si trovano.
Questa teoria tanto simile, e forse ne è addirittura all’origine, a quella che afferma l’esistenza del purgatorio, è totalmente contraria alla Scrittura: “… è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27);
b. Il termine “predicare”, in greco kerusso, ha nelle Scritture anche il senso di “proclamare” come in Marco 1:45: “… si dette a proclamare e a divulgare il fatto …”. Nel caso di Gesù, se il testo eventualmente deve es­sere collegato alla Sua discesa nell’Ades, il termine è riferito soltanto alla proclamazione della Sua vittoria;
c. Se Cristo fosse andato a predicare alla generazione che precedette il diluvio, la quale non aveva creduto alla predicazione di Noè in quanto non aveva una legge scritta come quella di Mosè, si dovrebbe ammette­re che Dio fa riguardo alla qualità delle persone; infatti in ogni tempo esistono generazioni che non conoscono la legge di Dio, perfino oggi vi sono tribù non raggiunte dall’Evangelo. La generazione precedente il diluvio non era diversa da qualsiasi altra, tanto è vero che Gesù la pren­de come esempio della vita sociale degli ultimi tempi. Se si accetta una teoria simile, oltre che accettare l’idea del purgatorio, si dubiterebbe dell’obiettività della giustizia divina;
d. Inoltre, si dovrebbe ammettere la teoria universalistica, e cioè che alla fine tutti gli uomini saranno salvati. Appare strano che, nonostante questa teoria di una seconda opportunità di pentimento, quei morti ri­mangano ribelli a Dio anche davanti alla realtà di un’eternità di soffe­renze. La Bibbia è contraria all’universalismo, infatti nel caso del ricco e Lazzaro è scritto: “oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran vo­ragine, perché quelli che vorrebbero passar di qui a voi non possano, né di là si passi da noi” (Luca 16:26);
e. I Pietro 4:6 si riferisce a quelli che ora sono morti, ma che sono stati evangelizzati nel corso della loro vita terrena. Una versione lettera­le del testo così traduce: “Ecco perché la Buona Notizia [l’Evangelo, N.d.A.] fu predicata [durante il tempo della loro vita, N.d.A.] anche ai morti” (A.N.T.). Interpretato in altro modo, il testo proverebbe la possi­bilità di ravvedimento dopo la morte.
I succitati versetti della prima epistola di Pietro, se interpretati come riferiti alla discesa di Cristo nell’Ades, sosterrebbero dunque le false dottrine del purgatorio, della possibilità di ravvedimento dopo la morte e dell’universalismo.
UNA VALIDA ESEGESI
L’interpretazione che non scalfisce alcun insegnamento della dottrina biblica, che tra l’altro è stata sostenuta da scrittori cristiani come Agostino e Beda il Venerabile, è quella che i versetti succitati non si rife­rirebbero alla discesa di Cristo nell’Ades, che come vedremo è provata da molti altri testi biblici, ma piuttosto al fatto che il Signor Gesù Cristo, prima ancora della Sua incarnazione, per quello Spirito che Lo risuscitò dai morti, per mezzo di Noè, predicò alla generazione corrotta prima del diluvio che ora si trova nell’Ades in attesa di giudizio.
Noè, “…predicator di giustizia …” (II Pietro 2:5), fu lo strumento
attraverso il quale Cristo predicò agli uomini prima del diluvio, purtroppo senza risultati perché non si convertirono in quel tempo, men­tre Dio pazientava per condurli a ravvedimento.
Questa esegesi è confermata dalla stessa epistola di Pietro: “Questa salvezza è stata l’oggetto delle ricerche e delle investigazioni dei profeti che profetizzarono della grazia a voi destinata. Essi indagavano qual fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo Spirito di Cristo che era in loro accennava…” (I Pietro 1:10, 11).
Alla luce di questa interpretazione si può concludere che i succitati testi si riferiscono soltanto allo Spirito di Cristo, il Quale, per mezzo di Noè, esortò i contemporanei prima del diluvio a ravvedersi.
I TESTI DELLA DISCESA DI CRISTO NELL’ADES
Cristo non andò nell’Ades a predicare il ravvedimento a una determinata generazione di morti, perché, come abbiamo visto, questa interpretazione è contraria all’insegnamento della Scrittura. Egli an­dò, invece, a proclamare la Sua onnipotente opera di salvezza a quan­ti erano morti nell’attesa del Messia promesso, i quali “… pur avendo avuta buona testimonianza per la loro fede, non ottennero quello ch’era stato promesso, perché Iddio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi” (Ebrei 11:39-40).
Di seguito riportiamo i testi che riguardano la discesa di Cristo nell’Ades e del Suo intervento perché i morti in fede dell’Antico Testamen­to ottenessero “… quello ch’era stato promesso …”:
a. “… tu non abbandonerai l’anima mia in poter della morte [Ebraico Sheol, nota al testo], né permetterai che il tuo santo vegga la fossa” (Salmo 16:10);
b. “…tu non lascerai l’anima mia nell’Ades, e non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione” (Atti 2:27);
c. “… per questo che è detto: Salito in alto, egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni ed ha fatto dei doni agli uomini. Or questo è salito che cosa vuol dire se non che Egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al diso­pra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa” (Efesini 4:8-10);
d. “… egli mise la sua man destra su di me, dicendo: Non temere; io sono il primo e l’ultimo, e il Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Ades” (Apoca­lisse 1:17,18).
Cristo è sceso nell’Ades (seno d’Abramo) per manifestarsi a quelli che erano morti nella Sua attesa.
Oggi l’Evangelo è predicato agli uomini, perché, prima di passare dal tempo all’eternità, si ravvedano e credano che Gesù è l’unico Signore e Salvatore. Nessuno si illuda, “Oggi è il tempo della grazia”, dopo questa vita non v’è più alcuna possibilità di salvezza. Oggi, se udiamo la Sua voce non induriamo i nostri cuori.
Francesco Toppi



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