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Domenico Fulginiti (1884-1967)

Adi Reggio Calabria
Pubblicato da in - Calabresi 'Illustri' · 9 Marzo 2016
Domenico Fulginiti nacque il 12 settembre 1884, da umili agricoltori, in Calabria, precisamente a Gasperina, un piccolo centro agricolo situato sulle colline che si affacciano sul Golfo di Squillace, nel mare Jonio. Dopo aver frequentato le prime classi della scuola elementare, intraprese l’attività di bracciante agricolo. Si sposò giovanissimo e, negli anni ‘20, come tanti altri suoi compaesani, emigrò negli Stati Uniti d’America, lasciando nel suo paese natio moglie e figli.
 
Non sappiamo come giunse a Reading, in Pensilvania, una città degli Stati Uniti nota per le sue industrie, agevolate dalle efficienti comunicazioni ferroviarie con i centri carboniferi appalachiani. Probabilmente fu invitato da un suofratello maggiore che, prima di lui, aveva trovato lavoro nella zona. In quel periodo, mentre abitava presso i coniugi Miccoli, una famiglia di emigranti abruzzesi, venne in contatto con l’Evangelo. Un giorno, mentre stava stendendo il cemento su un marciapiede di Reading insieme ad un operaio di colore, sentì quest’ultimo cantare una strana canzone: era un inno evangelico. Chiese spiegazioni e il suo compagno di lavoro lo evangelizzò e lo condusse ad una riunione di culto pentecostale. L’incontro si teneva al primo piano di una casa colonica; il luogo era stato usato come pagliaio, ma lì ora si radunavano per i culti decine di persone, in massima parte di colore.
 
Domenico rimase profondamente colpito dall’atmosfera della riunione e delle preghiere ferventi che venivano innalzate a Dio e fu immediatamente convinto dalla sincerità dei presenti e della realtà della fede in Cristo. Così cominciò a frequentare le riunioni e a leggere l’Evangelo. Qualche settimana dopo fece un’esperienza che non avrebbe mai più dimenticato in tutta la sua vita. Mentre era in preghiera, ebbe una visione: una barra di ferro che da terra arrivava fino al cielo ed udì una voce che gli diceva: ‘Se rimarrai attaccato a questa barra tu sarai salvato. ‘Compresi’, testimonierà anni dopo, ‘che era un messaggio del Signore per me, quella barra di ferro da terra fino al cielo rappresentava Gesù, il mio Salvatore e risposi: Signore col Tuo aiuto non ti lascerò mail Sono passati molti anni, ma ogni giorno ed ancora oggi che ho sessantottO anni, rinnovo il mio patto di fedeltà a Cristo” (1). Il primo frutto della conversione all’Evangelo di Domenico Fulginiti furono i suoi padroni di casa, Giulio e Paola Miccolo, che si convertirono al Signore e, a loro volta, testimoniarono ai coniugi Leardi, loro compaesani. Ben presto si formò un piccolo gruppo, inizialmente “presieduto” dallo stesso Fulginiti. All’epoca, le colonie degli emigrati italiani erano in contatto con l’Assemblea Cristiana di Chicago, ma ben presto si formò una fiorente comunità pentecostale italiana a Reading, presieduta dal 1939 fino ad oggi dal fratello John Leardi, che, insieme alla sua consorte Margherita Miccolo, faceva parte del nucleo iniziale evangelizzato da Domenico Fulginiti. Nel 1926, Domenico tornò in Calabria, al suo paese natio e cominciò ad evangelizzare tra le persecuzioni più dure. Tuttavia si costituì un piccolo gruppo di credenti formato, oltre che dai propri familiari, anche dalle famiglie Fiorenza e Manafò. Questo nucleo risulterà ufficialmente tra le chiese ed i gruppi pentecostali indipendenti nell’elenco de11933. Negli anni ‘30, Domenico tornò a Reading (Pa), per ragioni di lavoro, ma soprattutto, per favorire l’emigrazione negli Stati Uniti del proprio figlio maggiore. Non si trattenne a lungo, però, perché non si sentì più a suo agio e udì imperioso il richiamo di tornare in Italia, per continuare a testimoniare di Cristo.
 
La persecuzione del 1935 lo trovò a Gasperina e quindi anch’egli subì il divieto di tenere riunioni di culto, imposto dalle autorità dell’epoca. Tuttavia, per alcuni anni, la sua attività spirituale svolta in privato non venne eccessivamente ostacolata, soprattutto perla buona reputazione che, sia lui come anche gli altri evangelici, avevano nel comune di residenza. Nonostante la mancanza di libertà, nel 1940 egli evangelizzò Vincenzo Piacente di San Vito sullo Jonio, un centro a pochi chilometri da Gasperina, dove ben presto si formò un piccolo nucleo di credenti, che era sistematicamente visitato e teneva riunioni nell’abitazione del Piacente. Qui, però, si scatenò una dura persecuzione alimentata dal clero locale. Infatti, il 10giugno1940, i partecipanti alla riunione furono arrestati. Ecco il verbale di quell’arresto: “(Omissis). Il 10 andante,... venivamo informati che nella casa di abitazione di certo Piacente Vincenzo, sita in questa Via Regina Elena, vi erano adunate delle persone allo scopo di svolgere propaganda Evangelica Protestante.
 
Portatoci nella suddetta abitazione, abbiamo sostato un istante dietro la porta, per origliare. Infatti, udimmo un coro di preghiere che venivano dall’interno. Entrati dentro, abbiamo proceduto al fermo di tutte etra le quali di Fulginiti Domenico ... Segnalato il fermo alla R. Questura di Catanzaro, questa con telegramma numero 05085, ordinava il mantenimento del fermo di tutti e disponeva che
 
gli stessi fossero tradotti alle carceri di Catanzaro, a sua disposizione” (2). Tutti furono tradotti al carcere di Catanzaro, ma Domenico Fulginiti, A. Fiorenza e G. Manafò, rimasero in carcere in attesa di essere condannati al confino di polizia. Il 6 agosto 1940, Domenico Fulginiti venne “assegnato al confino di polizia per la durata di anni cinque”, senza motivazione specifica, ma soltanto perché “ha esplicato attività tale da recare noci-mento agli interessi nazionali e che è indispensabile allontanarlo dalla dimora nell’interesse della PS.” (3).
 
La decisione dell’assegnazione al confino fu emessa su proposta dell’allora Questore di Catanzaro. Per descrivere il clima dell’epoca è interessante riportare alcune parti della relazione di proposta per l’assegnazione al confino: “Fulginiti Domenico, agricoltore, risulta di mediocre condotta morale e politica, malgrado non abbia precedenti o pendenze penali. Non è iscritto al Partito, nè ha chiesto mai di iscriversi. Costui, rimpatriato da pochi anni dall’America, giunto in Gasperma, cominciò a svolgere propaganda negli elementi del suo ceto onde formare la setta dei “pentecostali”. Infatti, in breve periodo di tempo acquistò popolarità in quel pubblico trascinandosi dietro di sé, una massa di ignoranti ai quali predicava il verbo della nuova setta. Aveva corrispondenza all’estero da dove faceva provenire libri e scritti di propaganda anche di stile antifascista. Egli in San Vito Jonio veniva considerato dagli aderenti all’associazione, come un superiore ed un capo. Si appellava pastore della nuova fede ed era proprio lui quello che procedeva al battesimo dei “pentecostali”. In quel centro, sia di notte che di giorno, nelle sue periodiche adunate, teneva delle conferenze e continui banchetti. A nulla valsero le diffide delle autorità di Gasperina e le esortazioni di varie persone perché smettesse di fare della propaganda a scopo di organizzare nei vari paesi la setta “pentecostale” perché costui, più tempo trascorreva e più si dava alla propaganda tanto che era arrivato al punto di trascurare anche la coltivazione dei suoi terreni, il lavoro in genere. Fu proprio il Fulginiti che indusse il Piacente Vincenzo e compagni a fondare la setta dei “pentecostali” in S.Vito Jonio. Costui ivi era tenuto d’occhi dai cattolici e fu per puro miracolo che egli non venne linciato dalla popolazione quando venne fermato il 9 maggio, dall’Arma di S.Vito Jonio. Il Fulginiti essendosi rivelato elemento pericoloso socialmente, si propone venga assegnato al confino di polizia, significando che il provvedimento sarebbe favorevolmente commentato dai pacifici cattolici e patriottici cittadini” (4). Esiste tra l’altro un errore della data dell’arresto del Fulginiti che non sappiamo spiegarci. Non risale infatti al 9 maggio, ma al 10 giugno 1940. La prima data, però, sarà poi riprodotta in tutti i documenti ufficiali.
 
La proposta di assegnazione al confino rivela inoltre che non sussistendo ragioni reali per la condanna, ancora una volta si presentavano i pentecostali come anarchici, confondendoli con i “testimoni di Geova”. Ecco il testo integrale della proposta al presidente della commissione provinciale di Catanzaro per il confino: “Da notizie confidenziali si era venuto a conoscenza che nei comuni di Gasperina e 5. Vito Jonio, alcuni elementi locali si riunivano assiduamente in case private, per motivi non bene precisati. Disposti accurati servizi di vigilanza si accertava che alle riunioni partecipavano aderenti alla nota setta pseudo religiosa dei “pentecostali” e si dava lettura di opuscoli il cui contenuto combatte ogni principio di autorità umana, esclude qualsiasi forma di ministerio ecclesiastico, non riconosce altra autorità all’infuori di Geova-Iddio e si scaglia violentemente contro il Regime Fascista affermando che “in Italia Mussolini e il suo Governo di oppressione, hanno terrorizzato il popolo”.
 
I seguaci ditali dottrine, veri e propri anarchici della religione sono da ritenersi elementi pericolosi, in quanto le loro teorie tendono al disfattismo inteso alla depressione dei sentimenti e dello spirito nazionale. Il contro scritto D. Fulginiti è risultato uno dei più attivi pentecostali, ha svolto intensa attività per la formazione dei nuclei nei comuni di Gasperina e di S. Vito Jonio e nel suo domicilio vennero sequestrati opuscoli di propaganda.
 
Non ha prestato servizio militare. Esercita il mestiere di agricoltore. Allo scopo di porre un freno a tale pericolosa attività che può trovare facile presa specie nell’ambito degli operai e contadini si propone, giusta autorizzazione Ministeriale che il Fulginiti sia assegnato al confino di polizia” (5). Domenico arriverà alla “Colonia Confino Politico di Pisticci (Matera)”, il 6 settembre 1940, ma dovrà mantenersi a proprie spese, perché ritenuto benestante. Su sue ripetute richieste, nonostante fosse considerato ufficialmente “appartenente alla setta religiosa dei testimoni di Geova”, ottenne prima una breve licenza in considerazione “della buona condotta... e delle precarie condizioni di salute della moglie che non è in grado di accudire alla piccola azienda agricola del marito” (6), e poi, probabilmente per l’eccessivo affollamento della Colonia di Pisticci, beneficherà del condono di un terzo della pena. Avrebbe dovuto lasciare il confino il 27 novembre 1943, ma il periodo verrà poi abbreviato con la caduta del fascismo e Fulginiti tornerà in libertà nel luglio 1943.
 
Intanto, in questo suo periodo di permanenza a Pisticci ebbe l’opportunità di incontrare altri pentecostali confinati, tra cui Francesco Giancaspero, col quale nacque una profonda e fraterna amicizia che durerà tutta la vita. Questi, al termine del conflitto mondiale, lo metterà in contatto con i fratelli del movimento pentecostale in Italia che egli non aveva conosciuto, in quanto aveva avuto rapporti soltanto con i gruppi pentecostali indipendenti, collegati, dopo il 1925, con l’Assemblea Cristiana di Chicago. Nel 1945 saranno i fratelli Francesco Giancaspero ed Umberto Gorietti i primi a visitare le ricostituite comunità di Gasperina, San Vito sullo Jonio e la comunità di Satriano, sorta per la testimonianza evangelica di un confinato che era stato in precedenza membro aderente della comunità di Roma. Domenico Fulginiti, felice di questo rapporto fraterno, come rappresentante dei gruppi costituitisi in Calabria, aderì alle Chiese Cristiane Evangeliche Pentecostali e nel 1946, quando si formò la prima semplice struttura organizzativa del movimento, come uno dei fratelli più rappresentativi, fu eletto membro del Sottocomitato Italia centro-meridionale, per l’attuazione del programma missionario, di ricostruzione e di assistenza. A sessantun’anni, ormai praticamente libero da impegni di lavoro secolare, si dedicherà totalmente al ministerio cristiano, non soltanto organizzando le comunità esistenti nella provincia di Catanzaro, ma fondando nuovi gruppi ed evangelizzando fino agli estremi limiti della provincia, con assiduità e fervore. Sarà lo strumento usato da Dio perla conversione e l’incoraggiamento di Guido Scalzi, il quale, sostenuto non soltanto moralmente, lasciò il saio francescano, abbandonò il monastero di Staletti (CZ) e fu accolto e curato amorevolmente nella casa del fratello Fulginiti, a Gasperina. Nel 1948, Domenico Fulginiti, per fede, acquisterà un suolo, sulla via principale di Gasperina, dove verrà eretto uno dei primi locali di culto delle Assemblee di Dio, del primo periodo del dopoguerra. Un grazioso e dignitosissimo tempio, che ancora oggi non soltanto è usato dalla piccola comunità, ormai decimata dalla emigrazione, ma rimane a perenne testimonianza della generosità e della fedeltà di questo servitore di Dio.
 
Ricostruire un elenco particolareggiato della sua attività, che è continuata ininterrottamente fino a quando il Signore lo ha chiamato “a casa”, il 25 febbraio 1967, è praticamente impossibile. Tutte le comunità sorte nella provincia di Catanzaro nel periodo 1946-1966, sono il risultato diretto e indiretto del suo ministerio o del suo incoraggiamento. Chi scrive ricorda con commozione che entrando nel ministerio nel 1950, fu inviato in Calabria dal Consiglio Generale delle Chiese, proprio presso il fratello Fulginiti, accolto fraternamente ed ospitato nella sua famiglia. In quel periodo, la comunità di Gasperina era divenuta il centro per l’assistenza ed il soccorso alle comunità colpite dall’alluvione del 1951, soprattutto per quelle esistenti in molti comuni della provincia di Reggio Calabria. Il ministerio fedele del fratello Fulginiti, coadiuvato dalle figliuole Rosaria, Vincenza e Giosina e da tutti i membri della comunità di Gasperina, permisero di svolgere un’ampia opera sociale di soccorso a favore di quanti erano stati sinistrati. Uomo di profonda percezione cristiana, il fratello Fulginiti fu il mezzo usato da Dio per l’incoraggiamento, in quegli anni, di molti giovani ministri come: Sergio Zucchi, Giuseppe Pelaggi, Luigi Scicchitano e molti altri credenti locali, incoraggiati ad impegnarsi localmente nell’opera di Dio. Una citazione a parte merita il sostegno morale e spirituale che egli diede al fratello Francesco Rauti, all’inizio del suo ministerio ed in particolare nell’opera di evangelizzazione svolta a Crotone e nella zona circostante.
 
Domenico Fulginiti ha lasciato un segno profondo, non soltanto nelle comunità della Calabria. Quando la maggioranza dei membri di Gasperina emigrarono in Canada per ragioni economiche, anche in quella lontana nazione si costituì un nucleo di credenti impegnati per la causa di Cristo. La grande chiesa pentecostale italiana di Toronto ha beneficato per lunghi anni dell’apporto fedele di alcuni di loro, come Antonio Fiorenza e Giuseppe Manafò. Quest’ultimo, che aveva subito con i genitori la durezza del confino, emigrato giovanissimo in Canada, dopo aver raggiunto una discreta posizione economica, proprio forte dell’influenza spirituale del Fulginiti, decise di entrare a pieno tempo nel ministerio ed è attualmente pastore della notissima chiesa pentecostale di Fabre Street a Montreal, ed uno dei fratelli principali della Chiesa Pentecostale Italiana del Canada. Il fratello Fulginiti, ormai debole fisicamente ed ammalato, fu amorevolmente assistito dai suoi familiari e perennemente visitato da tanti fratelli e sorelle. Qualche giorno prima della sua “dipartita”, Io trovarono che stava piangendo; gli domandarono la ragione di quel pianto, forse soffriva forti dolori, ma la sua risposta sconvolse tutti. Egli disse: “Poco fa, mentre ero qualche momento solo, ho pensato a tutti voi che mi curate e siete sempre accanto a me, invece, Gesù nelle atroci sofferenze della croce fu lasciato solo. Quanto gli siamo costati!”. Questo era Domenico Fulginiti, austero nell’aspetto, poco proclive alla conversazione, ma un uomo retto, timorato di Dio, che ha dato tutto se stesso per l’opera Sua. Egli appartiene degnamente al numero dei pionieri del movimento pentecostale in Italia e alla schiera di coloro dei quali è detto: “La memoria del giusto è in benedizione” (Proverbi 10:7).

a cura di Francesco Toppi





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