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Determinazione nel servizio o disprezzo per gli affetti?

Adi Reggio Calabria
Pubblicato da in - Investigate le Scritture · 6 Maggio 2016
E un altro ancora gli disse: Ti seguiterò, Signore, ma permettimi prima di accomiatarmi da quei di casa mia. Ma Gesù gli disse: Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio” (Luca 9:61, 62).
Non c’è una contraddizione tra il comandamento dell’amore e il modo in cui Gesù risponde a questo discepolo? Cosa significa veramente la risposta di Gesù? Cosa dobbiamo imparare come credenti da tutto ciò?
I commentatori chiamano questo terzo tipo di discepolo “l’indeciso”, perché non soltanto dalla sua stessa proposta, ma forse soprattutto dalla risposta di Gesù comprendiamo come egli fosse legato agli affetti familiari e quindi in pericolo di farsi trattenere da loro, nei confronti della sua decisione verso il servizio del Signore, e addirittura in pericolo di tornare nel mondo. Era una persona con un cuore in qualche modo indeciso tra Cristo e il mondo.
Certamente il brevissimo episodio ne ricorda un altro (I Re 19:19-21) in cui Elia comunicò da parte di Dio a Eliseo la chiamata ad essere profeta. Eliseo, lasciati i buoi con i quali stava arando assieme ad altri, corse dietro ad Elia dicendo: “Ti prego, lascia ch’io vada a dare un bacio a mio padre e a mia madre, e poi ti seguirà”, Elia rispose, “Va e torna, ma pensa a quel che t’ho fatto” o, come dice più precisamente l’ebraico, “Va e torna, poiché che t’ho io fatto?”; vale a dire “torna certamente, data l’importanza della chiamata”!
L’episodio del Vangelo di Luca è ancora più rigoroso: il solo pensare con nostalgia ai legami di sangue, agli affetti familiari è comunque già, se non altro, una distrazione che compromette la piena consacrazione che invece occorre al servizio del Maestro.
Eliseo tornò, seguì Elia e di-venne il profeta di Dio. Ma quest’altro discepolo che avrà fatto? Sarà andato dai suoi a salutarli? Si sarà fatto trattenere e deviare? Sarà tornato a Cristo per seguirlo? Non sappiamo, però l’insegnamento, il messaggio rimane per noi tutti: Non bisogna farsi prendere dai sentimentalismi o peggio ancora dai ripensamenti, perché costituiscono un laccio troppo pericoloso. “Ricordate-vi della moglie di Lot” (Luca 17:32) dirà Gesù per ammonire a non farsi trattenere sentimentalmente e affettivamente da ciò a cui abbiamo rinunciato. Sono catene che non ci lasciano proseguire nella via della vittoria, della speditezza e della speranza.
Ecco il perché della risposta di Gesù: “Nessuno che abbia messo la mano all’aratro e poi riguardi indietro, è adatto al regno di Dio”. L’aratro, tirato in tempi passati dai buoi o dai cavalli, serve a dissodare e arare la terra. 11 contadino, che lo regge, deve guardare avanti guidando le bestie affinché non deviino e il solco non riesca storto; così non può distrarsi per non danneggiare il suo lavoro.
Chi è chiamato dunque a vivere la sua vita cristiana o addirittura a svolgere un ministerio nell’opera di Dio, una volta presa la decisione non può più tentennare, segnare il passo del dubbio e dell’indecisione, ma deve guardare avanti e proseguire. D’altronde il Signore a chi decide per Lui promette: “Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figliuoli, o campi per amor del mio nome, ne riceverà cento volte tanti ed erederà la vita eterna”, ma ammonisce, “molti primi saranno ultimi; e molti ultimi, primi” (Matt. 19:29,30). A coloro che lavorano nell’opera Sua assicura: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giomi...” (Matt. 28:18-20).
Nessuno dunque può fare l’opera del Signore fiaccamente (Ger. 48:10) perché magari minato da un’attrazione che lo distrae dal suo alto impegno spirituale e dalla sua meta di vivere secondo le direttive di Dio. Egli deve praticare quella parola che dice: “Proseguo il corso... una cosa fo: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno dinanzi, proseguo il corso verso la meta per ottenere il premio della superna vocazione di Dio in Cristo Gesù” (Fil. 3:12-14).
Non c’è contraddizione nel colloquio del terzo discepolo con Gesù, il discepolo deciso o titubante. Non dobbiamo necessariamente credere che il Signore gli abbia impedito di andare ad abbracciare e salutare i suoi cari, ma dobbiamo ritenere certamente netta ed esclusiva la Sua risposta, la quale costituisce una spinta molto autorevole a vivere per Lui e pienamente al Suo servizio, senza distrazioni e tentennamenti.
 
Paolo Lombardo - tratto dal periodico "Cristiani Oggi"



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